Cassazione, coltivare marijuana in casa non è reato
Decisione senza precedenti della Cassazione che ha stabilito che la coltivazione di una piantina di canapa indiana, meglio nota come marijuana, sul terrazzo della propria abitazione, è legale essendo “un reato che non procura danni a nessuno”. Con la sentenza numero 25674, la suprema Corte ha in pratica aperto le porte alla possibilità di coltivare una pianta di “maria” sul balcone di casa. Dopo anni di battaglie legali, ricorsi e sentenze in Cassazione, che negli anni hanno in maniera quasi alternata, stabilito la leicità o meno della coltivazione privata della cannabis, sembra essersi aperto uno spiraglio contro l’estremo proibizionismo.
Una breccia nel muro dell’inflessibilità delle norme che vorrebbero la punibilità del possesso di stupefacenti anche per quantitativi minimi e che ha portato negli anni, all’assoluzione o alla condanna dell’imputato a seconda della quantità e della maturità delle piantine di canapa possedute.
La sentenza della Corte di Cassazione è arrivata in seguito al ricorso del procuratore generale della Corte di Appello di Catanzaro contro l’assoluzione di un 23enne di Scalea, sorpreso dalle autorità con una pianta di marijuana sul balcone.
Il principio dell’assoluzione nascerebbe dal fatto che nonostante il rigido orientamento delle norme sugli stupefacenti, coltivare una sola piantina non ha alcuna portata offensiva, la “modestia dell’attività posta in essere emerge da circostanze oggettive di fatto, come in questo caso la coltivazione di una piantina in un piccolo vaso sul terrazzo di casa con un principio attivo di mg 16, il comportamento dell’imputato deve essere ritenuto del tutto inoffensivo e non punibile anche in presenza di specifiche norme di segno contrario”.
Secondo questa sentenza quindi, non solo non è punibile alcun comportamento non previsto dalla legge come reato, ma non è punibile nemmeno il reato che non procura danni a nessuno.
“La coltivazione di una sola pianta di canapa indiana, in conclusione, “non e’ idonea a porre in pericolo il bene della salute pubblica o della sicurezza pubblica”. Una sentenza questa, che sembra aver creato un importante precedente nella giurispudenza e che, sicuramente, accenderà un focolaio di polemiche non da meno.
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