È stato ritrovato il secondo cellulare di Veronica Panarello, la mamma del piccolo Andrea Loris Stival ucciso a Santa Croce Camerina il 29 novembre, in carcere con l’accusa di omicidio volontario aggravato e occultamento di cadavere. Si tratta di un cellulare “segreto” con utenza intestata a un’amica della mamma di Loris ma che in effetti sarebbe stato usato dalla donna in carcere per l’omicidio. Il cellulare è stato sequestrato dagli inquirenti di Ragusa. Di un secondo cellulare “che conteneva foto e video di Loris” aveva parlato la sorella della mamma della vittima.
Ma Veronica Panarello aveva negato di possedere un altro telefono, così come ha continuato a negare ogni accusa anche durante l’interrogatorio di garanzia di ieri. Il suo avvocato, Francesco Villardita, ha parlato al termine dell’interrogatorio della sua assistita con i cronisti e ha affermato che Veronica ha confermato quanto detto fino a questo momento ribadendo la sua innocenza. In merito al cellulare, l’avvocato ha spiegato che la mamma di Loris ha ammesso di averne uno soltanto, già a disposizione della magistratura per tutti gli accertamenti del caso. Un cellulare che, ha precisato il difensore della Panarello, è stato consegnato spontaneamente quando la donna era ancora libera.
Omicidio Loris: attesa decisione sulla convalida del fermo
Omicidio Loris: attesa decisione sulla convalida del fermo
In giornata è attesa la disposizione di convalida del fermo o di scarcerazione della mamma di Loris. Rispetto alla possibile richiesta di una perizia psichiatrica, l’avvocato Villardita ha detto che in questa fase non si può richiedere assolutamente nulla, nessuna perizia, nessun incidente probatorio. L’avvocato ha detto anche che all’indagata non è stato fatto vedere nessun filmato e che lei ha risposto sulla base di quelli che sono gli atti. Per quanto riguarda le fascette di plastica con cui sarebbe stato strangolato Loris, Veronica Panarello ha spiegato che “sono venute fuori solo ed esclusivamente perché lei stessa, nell’intento di dare una mano alla polizia giudiziaria alla ricerca del colpevole, ha chiesto alle maestre se fosse vero che avevano richiesto al bambino di portarle a scuola per fare degli esperimenti e alla risposta negativa delle maestre si è prodigata affinché queste fascette arrivassero agli inquirenti, ai quali lei le ha consegnate spontaneamente per poter andare alla ricerca della verità”.

fonte: fanpage.it