Il dipartimento di Sanità pubblica dell’Ausl ha convocato venti bambini dai tre ai sette anni alla pediatria del Sant’Orsola per essere sottoposti al test di Mantoux e a visita radiologica per verificare se siano stati in contatto con l’agente patogeno che causa la tubercolosi. Tutti i piccoli hanno frequentato i corsi della piscina di via Cà Selvatica, gestita dalla Rari Nantes
Un operatore della società, che circa due mesi fa si è ammalato, è stato sottoposto a diversi accertamenti ed è risultato affetto dal patologia. I bambini sono stati divisi in tre scaglioni, l’ultimo dei quali ha eseguito i test nella giornata di ieri. Il gruppo è stato individuato fra i piccoli che hanno avuto i contatti più stretti con il paziente positivo. Si attendono ancora tutte le risposte ma gli specialisti dell’Ausl sono piuttosto ottimisti perché le probabilità di contagio sono ritenute molto basse, anche alla luce di casi simili trattati in passato. La possibilità, anche teorica, impone comunque la verifica attualmente in corso. La notizia ha destato un certo allarme fra le famiglie dei bambini e ragazzi che frequentano la struttura, anche se non espressamente convocati. «Noi abbiamo predisposto dei volantini e li abbiamo distribuiti a tutti i genitori — spiega la dirigenza della Rari Nantes — con l’indicazione di una responsabile dell’Ausl e un numero di telefono a cui chiedere eventuali informazioni mediche. Noi procediamo unicamente su indicazione dell’Ausl. Non sappiamo chi sia l’interessato e la Sanità pubblica ha assicurato al presidente che da un mese e mezzo la persona non frequenta più la piscina».
«La società è molto restia a dare informazioni e continua a dire che non sanno chi sia l’interessato — lamenta una mamma —. Dopo diverse telefonate al medico dell’ospedale e alla società abbiamo capito che la persona è un istruttore che ad aprile è stato ricoverato». L’atteggiamento di estrema riservatezza, tenuto invocando la legge sulla privacy, ha in realtà amplificato le preoccupazioni delle famiglie, interessate a sapere se i loro figli potevano avere avuto a che fare con l’operatore che ha sviluppato la malattia. «Noi abbiamo detto tutto ciò che ci era consentito di dire — sottolinea la Rari Nantes —. Le informazioni sanitarie spettano all’Ausl, non è il nostro mestiere». I casi di tubercolosi sono generalmente in aumento in tutta Italia e Bologna non fa eccezione. Se ne registrano mediamente 100-110 l’anno in provincia, con un tendenza alla crescita nell’ordine di pochi punti percentuali ogni anno.
Fonte: Il Resto del Carlino