Individuare precocemente lo sviluppo dell’Alzheimer oggi si può, grazie a alla sostanza bianca del cervello, che potrebbe rappresentare un marker precoce dell’Alzheimer.
Lo studio è stato portato avanti da un gruppo di scienziati dell’Irccs Ospedale San Raffaele di Milano, finanziato dal ministero della Salute e pubblicato su Radiology.
Secondo i ricercatori, l’Alzheimer sarebbe legato alle fibre della sostanza bianca del cervello ed è proprio dalle anomalie di questa sostanza che si può individuare la presenza e lo sviluppo della malattia.
“L’Alzheimer è una malattia della sostanza grigia – sottolinea Federica Agosta, ricercatrice presso l’Unità di Neuroimaging quantitativo diretta da Massimo Filippi, e co-autrice dello studio – Tuttavia il danno alla sostanza bianca gioca un ruolo centrale nel determinare le modalità di comparsa e di progressione della patologia”, caratterizzata dalla presenza di depositi anomali di placche amiloidi e proteina tau a livello del cervello, e da una progressiva perdita di tessuto cerebrale, ma dall’origine ancora misteriosa.
Lo studio
Il team del San Raffaele ha utilizzato uno strumento di imaging avanzato, chiamato Dti (Diffusion Tensor Imaging), per studiare la sostanza bianca di 53 pazienti colpiti da 3 tipi diversi di Alzheimer: quello a esordio precoce e 2 varietà atipiche di Alzheimer giovanile che colpiscono soltanto alcune parti del cervello.
La Dti è una tecnica di risonanza magnetica che sfrutta il movimento delle molecole di acqua per caratterizzare la microstruttura dei tessuti biologici ed è estremamente sensibile alle alterazioni della sostanza bianca, individuandone analogie e differenze.
Dall’analisi è emerso che tutti i pazienti avevano un esteso danno alla sostanza bianca e presentavano danni regionali a carico della sostanza grigia.
A differenza dell’Alzheimer a esordio tardivo, che colpisce dopo i 65 anni ed è caratterizzato principalmente da una progressiva perdita di memoria – ricordano gli esperti dell’Irccs milanese – chi soffre di Alzheimer precoce presenta alterazioni a carico di diverse parti del cervello, in aggiunta al classico quadro di atrofia dell’ippocampo, e conseguenti deficit delle funzioni esecutive e visuo-spaziali.
Le sindromi focali possono determinare alterazioni visive e deficit di linguaggio. Si tratta di un’opportunità diagnostica importante perché nelle prime fasi dell’Alzheimer focale potrebbe non esserci un grave danno strutturale e dunque i pazienti rischiano di sfuggire alla diagnosi e di essere esclusi così dai trial clinici.