Antonio Lardera, questo il vero nome del cantante Tony Dallara, nasce a  Campobasso il 30 giugno 1936. Ultimo di cinque figli, nasce in una  famiglia dedita alla musica: il padre Battista in passato è stato  corista alla Scala di Milano. La madre Lucia era governante presso una  ricca famiglia del capoluogo lombardo. 
 Cresciuto a Milano, dopo la scuola dell'obbligo inizia a lavorare  come barista. Poi inizia la professione di impiegato, ma presto la  passione per la musica prende il sopravvento: inizia a cantare in alcuni  gruppi, tra cui i "Rocky Mountains" (che cambiano poi il nome in "I  Campioni"), con i quali si esibisce nei locali di Milano.  
Tony in quel periodo è un grande ammiratore di Frankie Laine e del  gruppo "The Platters"; è proprio al modo di cantare di Tony WIlliams  (cantante dei "Platters") che Tony si ispira, componendo canzoni con il  tipico stile terzinato del gruppo.  
In breve ottiene i primi contratti per serate retribuite: il primo  locale di un certo significato è il "Santa Tecla", dove si esibisce per  duemila lire a serata (da dividere con il gruppo). Qui ha modo di  conoscere e confrontarsi con altri emergenti della scena musicale  milanese, tra cui 
Adriano Celentano.  
Nel 1957 viene assunto come fattorino all'etichetta discografica  "Music": il boss Walter Guertler lo ascolta per caso cantare, si  interessa e viene a sapere dell'attività parallela di Tony, come  cantante; va ad ascoltarlo al Santa Tecla e propone a lui e al gruppo un  contratto.  
E' in questa occasione che gli viene suggerito il nome d'arte di  "Dallara", in quanto Lardera è considerato un cognome poco musicale:  incide su 45 giri uno dei cavalli di battaglia del gruppo, "Come prima".  Questa canzone - il cui testo è scritto da Mario Panzeri - era stata  presentata al Festival di Sanremo nel 1955, senza però passare la  selezione.  
Il 45 giri  di "Come prima" viene pubblicato alla fine del 1957: in breve tempo  raggiunge il primo posto delle classifiche, rimanendovi per molte  settimane. Venderà oltre 300.000 copie (record di vendita per quei  tempi) e diventando di fatto uno dei pezzi simbolo della musica italiana  degli anni '50.  
Oltre che alla bellezza oggettiva della canzone, parte del merito di  questo successo va alla tecnica di canto di Tony Dallara: è a lui che  si deve l'introduzione del termine "urlatori", che identifica i molti  cantanti che da lì in poi (e fino ai primi anni '60) sceglieranno una  tecnica interpretativa con voce ad alto volume, espressa in maniera  disadorna e priva degli abbellimenti tipici del canto prettamente  melodico. 
Dal punto di vista musicale e canoro, Dallara si stacca quindi dalla  tradizione melodica italiana di Claudio Villa, Tajoli, Togliani,  collegandosi invece alle nuove tendenze di 
Domenico Modugno o 
Adriano Celentano.  
Vola a New York: grazie al suo talento viene ingaggiato per cantare  alla Carnegie Hall e di fare uno show insieme a Perry Cuomo; purtroppo  deve tornare in Italia perchè chiamato ad effettuare il servizio  militare. Ad Avellino durante il CAR (Centro Addestramento Reclute)  conosce il giovane pianista Franco Bracardi. Tra la fine del 1958 e il  1959 Dallara pubblica molti 45 giri di successo: "Ti dirò", "Brivido  blu", "Ghiaccio bollente", "Julia".  
Nel 1959 gira anche due film:" Agosto, donne mie non vi conosco" di  Guido Malatesta (con Memmo Carotenuto e Raffaele Pisu), e "I ragazzi del  
juke-box" di Lucio Fulci (con Betty Curtis, 
Fred Buscaglione, Gianni Meccia e 
Adriano Celentano).  
Partecipa al Festival di Sanremo in coppia con 
Renato Rascel  nel 1960, vincendo con la canzone "Romantica". Sempre nello stesso anno  gira altri due film, "Sanremo, la grande sfida" di Piero Vivarelli (con  Teddy Reno, 
Domenico Modugno, Sergio Bruni, Joe Sentieri, Gino Santercole, 
Adriano Celentano, 
Renato Rascel e Odoardo Spadaro), e "I Teddy Boys della Canzone" di Domenico Paolella (con 
Delia Scala, Tiberio Murgia, Ave Ninchi, Teddy Reno e Mario Carotenuto).  
Torna a Sanremo nel 1961 in coppia con 
Gino Paoli,  presentando la canzone "Un uomo vivo". Vince "Canzonissima" con  "Bambina, bambina", che sarà l'ultimo dei suoi grandi successi. Dal 1962  abbandona il genere che lo ha portato al successo, accostandosi ad una  musica più melodica, con cui però non riesce a ripetere i grandi numeri  di vendita degli anni precedenti.  
Tenta di ripartire da Sanremo, partecipando nuovamente nel 1964: in  coppia con Ben E. King canta "Come potrei dimenticarti", ma non arriva  in finale. 
I gusti del pubblico si sono spostati sul fenomeno "beat" e, sebbene  continui ad incidere nuove canzoni per tutti gli anni '60, Dallara non  tornerà più nelle classifiche. Lentamente anche televisione e radio,  paiono dimenticarsi di lui.  
Si ritira dal mondo della musica durante gli anni '70 per dedicarsi a  una sua altra grande passione, la pittura: espone i suoi quadri in  diverse gallerie e conquista la stima e l'amicizia di 
Renato Guttuso.  
Solo negli anni '80 Dallara torna a riprendere l'attività di  cantante, dal vivo, animando alcune serate - soprattutto estive - grazie  anche alla crescente voglia di revival che ripercorre il paese. I suoi  vecchi successi non appaiono sbiaditi, tanto che decide di reinciderli  con nuovi arrangiamenti moderni.  
In tutta la sua carriera ha cantato in molte lingue tra cui  giapponese, spagnolo, tedesco, greco, francese e turco, vincendo premi  in centinaia di paesi stranieri.