Arriva tramite una ricerca questa ''magra consolazione'' per gran parte del popolo italiano e diciamola tutta: del mondo.
Il Professor Jeffrey John Hanneman insieme ad un gruppo di ricercatori dell’università di Berkeley, ha studiato per 15 anni le capacità intellettive di vari individui in base a classe sociale, regione di nascita e condizioni ambientali.
Dal suo studio, è emerso che il patrimonio ereditario non è assolutamente rilevante al fine dello sviluppo delle abilità mnestiche e di problem solving, al contrario lo è il contesto sociale in cui si vive, ma soprattutto a determinare il livello di intelligenza di un individuo: vi è la sua stabilità economica.
Come luogo comune, si pensa che chi è ricco di famiglia o semplicemente ereditiero, abbia la possibilità di fornire ai propri figli una corretta istruzione e di conseguenza un’istruzione che spesso è vista come sinonimo d’intelligenza.
Sbagliato: Il professor Hanneman, ha dimostrato tramite la ricerca attraverso dei macchinari sofisticati in grado di rilevare l’attività celebrale di un individuo e trasferirla su schermo, che una persona con meno possedimenti, un lavoro precario o poche finanze, sviluppa un iper-attività del sistema limbico che porta al continuo sviluppo di sinapsi, fondamentali per il collegamento tra neuropeptidi e di conseguenza per lo sviluppo dell’Intelligenza di un essere umano.
fonte: corrieredelcorsaro.altervista.org