Sono per ora due le persone arrestate, tra cui una donna, ma nel mirino della polizia elvetica vi potrebbero essere altri appartenenti al gruppo responsabile del rapimento di una ragazzina di Brescia adescata su Facebook, e che forse potrebbero aver compiuto altri abusi su minori o magari aver avuto intenzione di compierne ancora. Tutte cose che dovranno accertare gli inquirenti italiani e svizzeri che indagano sul caso, fortunatamente risolto nel migliore dei modi, ma che svela retroscena davvero inquietanti.
Dunque non il classico ‘orco’ che sfrutta i nuovi mezzi di comunicazione per irretire giovanissime ragazze per i propri lubrici scopi, ma una vera e propria banda organizzata in sequestri: dopo l’adescatore, uno svizzero di 26 anni, la polizia elvetica ha arrestato una donna di 23 anni, a cui è stato contestato il medesimo reato, sequestro di persona. L’approccio è quello tipico dell’era 2.0: un’amicizia nata attraverso il social network, la richiesta sempre più insistente di un incontro, la ragazzina che si invaghisce. Questa volta l’incontro viene presentato alla vittima come una fuga d’amore, direzione Svizzera, ma ad un certo punto la tredicenne si rende conto di essere finita nei guai, e telefona in lacrime alla famiglia, una volta giunta con il suo carnefice in un ostello alle porte di Lugano: ‘Sono con un amico conosciuto su Facebook, non so nemmeno io dove, vicino a Lugano…‘. Grazie all’intervento della polizia l’uomo viene arrestato e la ragazzina portata in salvo.
Fin qui sembrava una brutta storia a lieto fine, ed invece le indagini prendono da subito una piega inaspettata, tanto da arrivare nel giro di pochi giorni al secondo arresto. E il quadro investigativo che si va delineando appare più nitido con il passare del tempo: un sequestro a sfondo sessuale da parte di un gruppo di più persone. E ancora una volta l’opinione pubblicasi interroga sui rischi dei social network per i minorenni: è notizia di questi giorni anche il fatto che gli autoscatti a luci rosse in Rete di tante giovanissime siano finite nei siti pedop***ografici. Un pericolo concreto a cui la legislazione sembra non riuscire a trovare rimedio